Aumentano i lavoratori domestici italiani, soprattutto al sud

Nel 2013 i lavoratori domestici italiani erano pari al 21,2% del totale; negli ultimi dieci anni l’incidenza degli italiani nel settore del lavoro domestico è cresciuta progressivamente in modo quasi lineare, arrivando al 30,9% nel 2020. A quel punto la componente italiana ha subito un lieve calo nel 2021 (30,1%), per poi crescere leggermente nel 2022 (30,5%).

Nell’immaginario collettivo, il lavoro domestico è un settore costituito (dal lato della forza lavoro) quasi esclusivamente da lavoratori – anzi, prevalentemente lavoratrici – stranieri.
In realtà, già da alcuni anni stiamo assistendo ad un aumento della componente italiana, soprattutto al Sud, in particolare nelle mansioni di cura della casa.

Secondo Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA, “la componente italiana è sempre più rilevante nel lavoro domestico. Mediamente, si tratta di più del 30% dei lavoratori domestici, con picchi superiori al 50% in molte regioni del Sud.
Le tematiche legate a colf e badanti, dunque, non riguardano solo lavoratori e lavoratrici di origine straniera, ma anche forza lavoro autoctona. Nei prossimi anni, inoltre, l’invecchiamento della popolazione porterà sempre più famiglie ad aver bisogno di un aiuto: ecco che il lavoro domestico può rivelarsi anche un’opportunità di impiego per donne e uomini di nazionalità italiana.

Tutti i dati e il dettaglio sulla situazione regionale nell’articolo sul sito dell’Osservatorio DOMINA.

Lavoro domestico, settore non (più) solo al femminile

In Italia, dai dati INPS, risulta che il trend dei lavoratori domestici maschi è in declino costante dal 2013 al 2019; nel 2020, però, si registra un importante aumento, raggiungendo nel 2021 un’incidenza del 15,3% sul totale.
Il lavoro domestico è storicamente visto come un’attività prettamente femminile, tanto che nel linguaggio comune si tende a declinare al femminile “le colf” e “le badanti”. Tuttavia, come sottolineato dall’Osservatorio DOMINA, negli ultimi anni è aumentata la componente maschile in questo settore, in particolare nelle province del Sud come, per esempio, Palermo e Messina, dove circa il 30% dei collaboratori familiari (Colf) sono uomini.

Secondo Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA, “sebbene il lavoro domestico sia tuttora in gran parte gestito da donne – in Italia come nel resto del mondo – la componente maschile è tutt’altro che marginale, soprattutto in alcune realtà territoriali. È importante quindi tenerne conto quando si affronta il tema: “i colf” e “i badanti” sono figure professionali con caratteristiche molto diverse rispetto a quelle femminili, e necessitano quindi di servizi e tutele particolari.

Tutti i dati e il dettaglio provinciale sono disponibili sul sito dell’Osservatorio DOMINA.

Quasi 8 miliardi dalle famiglie italiane per il lavoro domestico

Nel 2022 le famiglie datori di lavoro domestico hanno speso 7,7 miliardi per i loro collaboratori domestici, sommando retribuzioni, contributi e TFR.
Mediamente, a livello nazionale il costo lordo di una badante incide per il 63% su un reddito medio da pensione. Il peso del costo per la badante è ancora più intenso al Nord, superando il 70% in città come Brescia, Bergamo e Reggio Emilia e toccando il picco massimo a Verbano-Cusio-Ossola.
Nel 2022 i lavoratori domestici che hanno versato i contributi all’INPS sono stati 894.299, con un decremento rispetto al 2021 pari a -7,9%.

Commenta Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale DOMINA: “In attesa della riforma sulla non autosufficienza, i cui decreti attuativi sono previsti entro gennaio 2024, le famiglie italiane sostengono una quota molto rilevante di welfare. Per esempio, il costo medio di una badante incide per il 63% su un reddito medio da pensione, superando il 70% in molte città del Nord.
Per questo, DOMINA ribadisce la necessità di sostenere le famiglie italiane, ad esempio aumentando gli sgravi fiscali per il lavoro domestico, per ridurre il lavoro nero e favorire la legalità e la sicurezza”.

Tutti i dati disponibili nell’articolo sul sito dell’Osservatorio DOMINA.

Cresce l’impegno delle famiglie nella gestione dei rapporti di lavoro domestico

Nel corso degli anni, è progressivamente aumentata la durata media dei contratti di lavoro domestico a tempo indeterminato, passando da 46 mesi (2012) a 119 (2022), ovvero una durata media di circa 10 anni.
I contratti a tempo determinato hanno invece una durata media di 7,7 mesi, in lieve calo rispetto agli oltre 9 mesi del periodo 2012-2016.
Complessivamente, circa tre contratti su quattro (64,6%) hanno una durata superiore ai cinque anni. Quasi uno su dieci, tuttavia, ha durata inferiore ad un anno (9,7%).
Tra i motivi della chiusura del rapporto, il più frequente è il licenziamento del lavoratore (52%). Il 26% si chiude con le dimissioni, il 12% con la morte dell’assistito e il 9% per la scadenza del contratto. Solo l’1% dei contratti si è chiuso per giusta causa.

Commenta Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale DOMINA: “Le famiglie italiane sono ormai da anni attori indispensabili del welfare, gestendo a proprie spese servizi vitali quali la cura della casa o l’assistenza a bambini e anziani. Il settore è ancora caratterizzato da una forte presenza informale, che rappresenta un rischio sia per i lavoratori che per i datori di lavoro, oltre che un mancato gettito per lo Stato”.

Tutti i dati sono disponibili nell’articolo pubblicato sul sito dell’Osservatorio DOMINA.

Nasce l’Osservatorio europeo sul lavoro domestico

L’Osservatorio DOMINA ha pubblicato il primo Dossier europeo sul lavoro domestico, dal titolo “Domestic work in Europe: a fast‑growing sector”. Le dinamiche demografiche e socio‑economiche in corso hanno reso il lavoro domestico uno dei settori in più rapida espansione negli ultimi decenni e il dossier analizza i diversi modelli di welfare (Scandinavo, Anglosassone, Continentale, Mediterraneo, Est Europa), da cui derivano profonde differenze nella gestione del lavoro di cura e di assistenza alla persona: in particolare, quello che varia è il rapporto tra i principali attori in campo, ovvero Stato, Mercato e Famiglie. Il diverso tessuto sociale, insieme a politiche e scelte differenti, porta le famiglie ad affrontare la “gestione domestica e dei propri cari” in modo diverso.

Complessivamente, nel territorio Ue27 nel 2020 sono oggi presenti quasi 11 milioni di lavoratori dell’assistenza, pari al 5,5% degli occupati totali. Il gruppo più numeroso è quello dell’assistenza non residenziale (4,9 milioni), seguito dai lavoratori dell’assistenza residenziale (4 milioni). I lavoratori domestici sono invece 1,9 milioni, pari all’1% degli occupati totali. A livello economico, nel 2020 il settore del lavoro domestico ha prodotto un Valore Aggiunto di 39,4 miliardi di euro, pari allo 0,33% del totale nell’area Ue27, con picchi massimi in Italia (1,09%) e Spagna (0,88%).

Lavoro domestico: aumento dei badanti uomini, si arriva a 40mila

Nel 2021, il numero di lavoratori domestici è aumentato rispetto all’anno precedente, arrivando a 961.358 unità. La novità è che la crescita è trainata soprattutto dalla componente maschile. I “badanti” uomini sono

la categoria cresciuta di più negli ultimi anni. Di conseguenza, aumenta anche l’incidenza degli uomini sui lavoratori domestici totali. Se fino al 2019 gli uomini rappresentavano meno del 12% del totale, la percentuale ha superato il 13% nel 2020 e addirittura il 15% nel 2021.

Secondo Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA, “anche il lavoro domestico è cambiato, come molti segmenti della società, e non è più un comparto esclusivamente femminile. Oggi gli uomini impiegati nel settore sono quasi 150 mila. Si tratta di una componente molto dinamica, cresciuta di quasi il 30% negli ultimi sei anni”.

OIL e UNHCR con Domina: corsi di formazione per rifugiati ucraini

A settembre saranno avviati tre corsi di formazione gratuiti nell’ambito del progetto “DOMINA Incontra le Famiglie 2022” e interamente dedicati ai rifugiati ucraini. I corsi di formazione avranno luogo a Genova, Milano e Roma per sostenere le persone rifugiate nel loro percorso di inclusione socio-lavorativa con l’acquisizione di competenze per l’esercizio delle professioni di colf, badante e baby-sitter.

I corsi sono organizzati da DOMINA in collaborazione con OIL e UNHCR. “La formazione è uno strumento determinate per la professionalizzazione del lavoro domestico, il riconoscimento del valore economico e sociale del settore e il miglioramento delle condizioni di lavoro”, ha affermato il Direttore dell’Ufficio OIL per l’Italia e San Marino, Gianni Rosas.

Seguendo le norme internazionali sul lavoro domestico e sull’accesso dei rifugiati al mercato del lavoro, i programmi realizzati dall’OIL in diverse nel mondo hanno come priorità il riconoscimento del diritto all’istruzione e formazione e il supporto ai rifugiati per ottenere un lavoro regolare attraverso l’orientamento e la formazione professionale. I corsi organizzati in Italia agevoleranno i rifugiati nell’accesso a un lavoro dignitoso, affinché possano realizzare con successo i loro obiettivi personali e professionali.

I lavoratori domestici sfiorano quota un milione

Nel 2021 il numero arriva a 961.358 unità. Lo affermano i dati dell’Osservatorio DOMINA che evidenziano anche il ruolo della componente immigrata e l’impatto della procedura di regolarizzazione avviata nel 2020. Il settore si conferma a prevalenza femminile (84,9%) e immigrata (70,0%), ma sono gli uomini stranieri a registrare l’incremento più forte (nel 2020 e nel 2021 sono la categoria che ha registrato l’aumento maggiore +62%), mentre quelli italiani sono raddoppiati dal 2012 al 2021, passando da 13 mila a 25 mila unità. Le lavoratrici donne straniere sono comunque il gruppo più numeroso e rappresentano il 57,5% del totale. Le italiane sono invece oltre un quarto del totale (27,4%) ma in ogni caso in crescita progressiva dal 2012. Il primo Paese per presenza nel settore è la Romania che rappresenta il 21,6% seguono Ucraina (14,1%) e Filippine (10,1%).

Secondo Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA, “la presenza straniera è storicamente molto importante nel settore domestico. La regolarizzazione avviata nel 2020 ha rappresentato un’opportunità per le famiglie per mettere in sicurezza se stesse e i propri lavoratori, ma ha anche evidenziato le criticità del sistema attuale e del meccanismo stesso delle “sanatorie”. Per superare queste criticità in modo strutturale, la piattaforma delle parti sociali ha proposto nel 2020 l’introduzione di quote annuali d’ingresso per lavoro domestico, superando la logica dell’emersione”.

Lavoro domestico e salario minimo

Il settore del lavoro domestico in Italia è disciplinato e tutelato dal CCNL di categoria e va ricordato e che le famiglie assumono per necessità, a volte addirittura per emergenza. Secondo l’Osservatorio DOMINA sul lavoro domestico, l’introduzione di un salario minimo renderebbe ancora più gravoso il peso dell’assistenza alle famiglie amplificando il ricorso al lavoro nero.

“Le elaborazioni dell’Osservatorio DOMINA sul lavoro domestico – commenta Lorenzo Gasparrini – evidenziano come il costo medio di un’assistente alla persona già oggi non sia sostenibile per la maggior parte dei pensionati italiani, che quindi devono essere sostenuti dai figli o attingere ai risparmi. L’introduzione del “salario minimo” anche per i lavoratori domestici renderebbe di fatto impossibile questa spesa per le famiglie italiane, alimentando inevitabilmente il lavoro nero. Considerando che già oggi il lavoro domestico registra il 57% di irregolarità, l’obiettivo dovrebbe essere quello di ridurre gli oneri per le famiglie, non certo aumentarli”.

Assegno Universale Unico. Dopo l’infanzia anche la non autosufficienza?

Se l’Assegno Unico Universale ha razionalizzato gli strumenti per sostenere la natalità, uno strumento simile potrebbe essere introdotto anche a sostegno delle persone bisognose di assistenza.

Oggi il 5,2% della popolazione (oltre 3 milioni) soffre di gravi limitazioni che impediscono di svolgere attività quotidiane. Ad esserne più colpiti sono gli anziani (1,5 milioni), il 22% degli over 65. Nel III Rapporto annuale sul lavoro domestico, DOMINA ha analizzato l’impatto del sistema Long Term Care all’italiana, composto da diversi benefici economici a fondo perduto.

Al fine di riordinare le risorse esistenti, DOMINA – Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico, firmataria del CCNL di categoria ha illustrato alle Istituzioni la proposta dell’Assegno Unico Universale per la Non Autosufficienza. “Analogamente a quanto fatto per le risorse destinate all’infanzia – commenta Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA – questo strumento consentirebbe di razionalizzare e rendere più eque le risorse destinate alle persone non autosufficienti”. Il costo effettivo della manovra proposta potrebbe aggirarsi intorno ai 32,5 miliardi di euro, non molto superiore rispetto alla spesa attuale per Long Term Care.